lunedì 21 maggio 2018

Non c'è pace

Che poi c'era qualcosa che non capivo di quella macchina.
La guido oramai da abbastanza tempo e mi piace davvero, la mia prima macchina.
Una macchina che ho letteralemente ristrutturato, recuperato dal baratro.
Una macchina di quelle un po' vecchia scuola, una macchina un po' particolare (almeno da vedere in giro oggi) con la giusta grinta, quella macchina che se la vedi in giro capisci subito di chi sia.
Una macchina con una bella voce, una macchina che quando serve ha sempre risposto presente.

Però mancava qualcosa, ne parlo sempre con tutti, ma è come se non avessi parlato con nessuno.
Poi stasera ho capito ... ho capito che finalmente, con la mia prima macchina avrei avuto finalmente qualcosa di cui parlare con mio padre. Costante rimane il dubbio se gli sarebbe piaciuta o meno, se mi avrebbe ammonito di aver preso una fregatura (come le tante prese da lui) o meno. Ma disicuro questa macchina è abbastanza sfiziosa che sono certo, ne avremmo parlato e finalmente dopo anni avremmo avuto modo di parlare di qualcosa, un punto di incontro.

Ma come hanno fatto in troppi nell'ultimo anno, proprio nel momento in cui credevo di essergli più vicino, se ne andò e così una delle poche cose che mi rimane sono i ricordi ed una memory card rossa, di quelle non originali per la prima Playstation.

Che poi sempre oggi, al netto dei miei errori ho capito che più dai e più la gente si aspetta da te ed è una conseguenza ineluttabile forse è anche giusto. Il problema è quando un moto di rivoluzione ti si scaglia contro e devi prendere le contromisure.
In tempi brevi perché nessuno aspetta.
Da solo perché nessuno sà aiutarti.
Senza nessuno con cui urlare, perché in troppi se ne sono andati e non vuoi rischiare che se ne vadano altri.
Nella notte come un ladro, perché devi rubare il tempo alla notte, per sperare di sopravvivere durante il giorno.
Ma se lo spieghi dicono di capire, ma se aspetti un attimo loro saranno sempre più oberati di te.
Non puoi lamentarti, puoi solo resistere o soccombere.

Il problema è che io ho sempre creduto a tutti:
Sono contento per te
Tranquillo, noi ci siamo
Ma ti pare?

Per poi far arrivare i "però" e allora è finita.

Mio padre è morto e non saprò mai se la mia macchina gli sarebbe piaciuta, gli amici hanno smesso di essere amici ed io ho smesso di essere per gli altri.

Ma va bene così.
Posso dire altrimenti?

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