venerdì 24 dicembre 2010

Sono tipo le le 4 ...

... ed io sto qui ascoltando Wonderwall degli Oasis che finalmente dopo tanto tempo inizia ad avere un senso oltre l'essere solamente una bella canzone. È legata, ad una frase, un ricordo, un attimo ... «... e Wonderwall no?» di lì ad a qualche ora invece mi sono ritrovato catapultato al lavoro, il mio primo lavoro.
Camicia, cravatta, pantaloni e scarpe "eleganti".
Giubbotto, iPod e telefonino in tasca, questo non è cambiato, anzi c'è stata un'aggiunta, un portachiavi, un comunissimo portachiavi della Ceres.
Una borsa, una borsa, un cartellino con stampata la mia faccia ed una pettorina dell'ONU completano il corredo.
I progetti per il futuro, sperare in qualcosa di migliore, di bello. La felicità di aver trovato una casa. Il pensiero che se non avessi contemporaneamente iniziato a lavorare, magari sarei andato al cinema più spesso, a vedere film inutili naturalmente, ma che con la compagnia giusta diventa meglio di qualsiasi film da premio Oscar con il 3D fasullo che non si vede ...
Sperare di tornare ad un ora decente a casa, di avere abbastanza soldi al cellulare, provare a farsi dare l'orario "mattutino" per tornare prima.
L'abbonamento smagnetizzato che non viene più preso dalle macchinette della metro e la soddisfazione di essere riuscito a fare tutto da solo, senza chiedere favori a nessuno.
Passare dal vedersi al volo sul pullman per la scuola, sperando di incrociarsi al ritorno magari di sentirsi nella chat di facebook la sera che poi naturalmente si bloccherà per arrivare sentirsi sempre più spesso, forse troppo o forse meno di quanto sarebbe "meritato" o magari mi faccio solo io delle paranoie inutili ma infondo che ne so io? Fino a che si parla di musica, computer o altro va bene ... ma chi sono io, se non un tizio in camicia e cravatta che ha lasciato l'università per pagare l'affitto di una nuova casa?
Caricare l'iPod tutta la notte, sperare di prendere un treno decente.
Arrivare tardi, perdere il treno, non aver preso l'iPod, salire sull'ultimo treno, penultimo vagone, salire.
Il treno non parte, il tempo non passa.
Il giubbotto sul sedile accanto, la cravatta allargata.
Il giubbotto sul sedile, lo frugo, eccolo.
Un comunissimo portachiavi della Ceres in mano.
Lo guardo, lo fisso, appoggio la testa sul sedile, gli occhi si chiudono.
Stazione, Labico, apro gli occhi mi metto il giubbotto, le mani in tasca insieme al portachiavi.
Non c'è nessuno tanto è pure buio, ma il giorno dopo sarà meglio.
Parlare.
Parlare di giornate di scuola nelle quali invece si è andati al mare o ai go-kart, una volta.
Parlare di giornate di lavoro nelle quali invece l'evento più eccitante è far firmare un adesione da 10 € al mese ad una vecchia del 1938 davanti un Carrefour a Roma.
Parlare, voler parlare di qualcosa di bello ed eccitante, divertente che faccia piacere, non avere parole da spiaccicare, come quando sul pullman in quei pochi minuti le parole erano così tante che si e no usciva un balbettio, se usciva, poche parole e magari dette pure male.
Forse è andata bene, maledettamente bene.
Ma il mio bene non è il bene di tutti e mi dispiace.
Lotto e lotterò per me e chi mi sta intorno, non posso permettere che qualcuno a me vicino stia male e mai lo permetterò, non è giusto, non è bello.
Ora lavoro, il tempo è poco ma se mi sarà permesso darò tutto me stesso per far star meglio chi se lo merita. Sapere quanto è buio il fondo aiuta ad ammirare ancora di più quanto sia bella la luce. Io mi sono ritrovato una lampadina dentro casa per un paio di giorni e di luce ne ha fatta tanta ... davvero tanta.
Poi boh magari non ci sto più capendo niente io, a forza di fare avanti e indietro mi sono sdoppiato, io non sono più io ma sono qualcun altro. Non lo so più davvero.
Eppure ... sono qui a scrivere, non so perché, non so per chi.
So solo che è Natale e non mi frega niente, sono felice da molto prima del Natale, nonostante tutto.
Nonostante abbia mollato l'università, nonostante a volte sembra che tutto mi remi contro sono felice ... perché non vedo l'ora che arrivi che ne so capodanno ... o la settimana dopo ...
Poi se penso alla mia nuova foto su Facebook penso che sono venuto uno schifo, ma penso che quella foto è bella lo stesso perché ... perché si ...
Sono le 4 e mezza passate.
Ed ora sto pensando a quel chitarrista "il Bob Dylan de noatri" lo chiamo ogni volta che lo vedo. Sta lì alla fermata della metro dove scendo ogni giorno per andare a lavorare.
Si penso a lui e quando ho sentito delle note familiare ed erano i Pink Floyd ... "Whish you were here".
Cioè io ... non ci credo ... cioè ... ma e poi mai io ... ci avrei mai pensato davvero ... tutto è ... è ... è ... bello.
Anche il mondo sembra meno cattivo, quando so di avere dietro quel portachiavi.


So, so you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain.
Can you tell a green field from a cold steel rail? A smile from a veil?
Do you think you can tell?

And did they get you to trade your heroes for ghosts? Hot ashes for trees?
Hot air for a cool breeze? Cold comfort for change?
And did you exchange a walk on part in the war for a lead role in a cage?

How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year,
Running over the same old ground. What have you found? The same old fears.
Wish you were here.

Questo il testo. La musica è solo il contorno.

Feliz Navidad ho detto e non l'ho cercato su google, lo sapevo !
Pensate che non so come si dice in tedesco ...
Ed ora boh io vado ... vado a dormire, vado a sognare, perché finalmente posso, ci riesco ... c'è un perché a tutto, c'è un motivo, so perché tornare a casa so per chi e per cosa sperare.
Oppure no, sono solo uno scemo, vado di qua e di là, parlo di questo e di quello ma alla fine è tutto un mio viaggio un mio "trip". Che parolone, certo che se fosse vero è forse il più bel viaggio della mia vita. Spero anche che sia il più lungo e senza soste.

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